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DANDISMO

  • Immagine del redattore: mariaelenaorlando
    mariaelenaorlando
  • 14 nov 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Nella seconda metà del XIX secolo si diffonde la moda del dandismo, ispirata alla figura di lord Brummell, arbitro dell’eleganza londinese che diviene modello di vita e letteratura per un’intera generazione di intellettuali e artisti. L’autore riconosce come carattere principale del Dandismo la capacità di creare l’imprevisto, per sorprendere con l’eccentricità lo spirito assuefatto al giogo delle regole. La figura del dandy appare intimamente moderna per l’ideale di eleganza come semplicità costruita, l’aspirazione alla naturalezza da raggiungere attraverso l’artificio e la maschera, ma anche per l’anticonformismo e il tentativo di vincere la noia moderna, definita da Barbey ‘figlia dell’analisi’.Controcorrente, narcisista, individualista, anticonformista, imperturbabile, indifferente, talvolta crudele, il dandy è spesso effeminato e insensibile al fascino femminile. Nella seconda metà dell’800 il Dandismo si afferma come filosofia di vita, rivelando il senso profondo del vestito come maschera di un Io dissociato e in costante dissidio con la realtà, sovente dominato da uno spirito profondamente nichilista (in anticipo sulle inquietudini dell’esistenzialismo novecentesco). Nel dandy moda e modernità celebrano il loro connubio. E non per nulla, il Dandy è figura centrale del “Pittore della vita moderna”, dove Baudelaire ne sottolinea lo spirito di modernità per l’attitudine speciale a distillare il poetico dal quotidiano, cogliendo negli oggetti effimeri il valore di eternità. La prima teoria del Dany viene elaborata da Lord Brummel in “The Book of Fashion”, dove a partire dal 1821 esprime la propria visione dell’eleganza vestimentaria, insistendo sull’armonia dei colori, sul rapporto tra abbigliamento e architettura, sul drappeggio e sulle giuste proporzioni. Di origini inglesi, il Dandismo si diffonde poi nella cultura francese, trovando veri e propri teorici come Balzac e Budelaire. Brummel può essere considerato tanto l’archetipo del dandy moderno, quando Balzac può essere considerato il primo teorico del Dandismo.Ma solo Baudelaire coglie pienamente l’essenza del Dandy quale figura emblematica della modernità, come si vede nel “Pittore della vita moderna”, dove elabora una vera e propria filosofia del Dandismo. Si percepisce chiaramente l’influsso i Barbey d’Aurevilly, e tuttavia il ritratto del dandy intellettuale e artista risulta del tutto originale. In queste pagine l’autore definisce il dandismo come una sorta di istituzione atemporale presente in ogni epoca, e al tempo stesso riconosce nel dandy una figura di riferimento nel panorama della modernità : egli professa come unico mestiere l’eleganza, aspirando a essere perennemente sublime come se vivesse davanti a uno specchio, impassibile al limite della freddezza e del cinismo, ma sempre con grazia e misura. Si distingue dalla gente comune, scegliendo di dedicarsi esclusivamente al culto del bello. D’altra parte il dandismo non è un gusto sfrenato dell’eleganza materiale, bensì esigenza di distinguersi attraverso la perfezione del vestire intesa come semplicità assoluta. Essa è prima di tutto l’ardente bisogno di crearsi un’originalità, entro i limiti esteriori delle convenzioni sociali. “È una specie di culto di sé, che può sopravvivere alla ricerca della felicità da trovare nell’altro, a esempio, nella donna; e che può sopravvivere persino a tutto ciò cui si dà il nome di Illusioni. È il piacere di stupire e la soddisfazione orgogliosa di non essere mai stupiti” (Baudelaire). ). Il dandy, quindi, rappresenta una delle prime sfide contro la civiltà di massa, nel tentativo di fondare una nuova aristocrazia fondata sulla distinzione, la singolarità e l’esclusivismo e contro l’omologazione dell’era democratica. Nell’abito che indossa si manifesta metaforicamente l’effimero: il dandy è sovrano del transitorio, perché tende all’esterno, compiendo la metamorfosi del futile in sublime. L’incarnazione della filosofia del dandy emerge soprattutto nel “Ritratto di Dorian Grey” (1891) di Oscar Wilde : Dorian è la personificazione di un tipo umano che unisce in sé la vera cultura dello studioso con “tutta la grazia, la distinzione e la perfezione di modi di cittadino del mondo”. Egli non vuole dettare solo le leggi dell’eleganza, ma intende elaborare un nuovo stile di vita, una vera e propria filosofia da realizzare nella ‘spiritualizzazione’ dei sensi, in una sorta di culto ascetico e trascendente del bello.





 
 
 

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