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Quando è nata la moda?

  • Immagine del redattore: mariaelenaorlando
    mariaelenaorlando
  • 12 nov 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel 1300 l’anonimo autore di Vita di Cola di Rienzo denuncia importanti mutamenti di fogge nel campo dell’abbigliamento che venivano da fuori Italia, e tali mutamenti sono testimoniati anche dai due cronachisti Galvano Fiamma a Milano e Giovanni Villani a Firenze, di cui il secondo ha parlato nella sua Cronica di una sformata mutazione d’abito intervenuta nella prima metà del 1300 e consistente nella sostituzione di abiti lunghi e larghi con vesti corte e strette, aderenti farsetti maschili e cottardite femminili accostate al corpo e scollate. Si registrava il diffondersi in diverse aree d’Italia di un nuovo stile che Villani riteneva essere arrivato dalla Francia insieme al duca Gualtiero di Brienne. Siamo nell’esordio della consapevolezza della moda e al primo proporsi dei giovani come suoi testimonial. Nel 1300 la moda impose fogge inedite e accessori bizzarri, come copricapi, e nel corso dei secoli è cambiata l’area dalla quale provenivano di volta in volta i cambiamenti e le mode: se alla fine del Medioevo e nella prima età moderna l’Italia fu in grado di dettare mode, nel II 1500 la Spagna impose fogge e colori mentre dal 1600 al 1800 la Francia ha goduto di un primato. Stando a Cesare Vecellio (1521-1601), parente di Tiziano e autore di una straordinaria opera che descrive gli abiti di tutto il mondo a lui conosciuto, nel 1500 non erano poi così insignificanti gli elementi che differenziavano il modo di vestire a Firenze, Roma o Napoli, anche se va detto che la sua testimonianza, che riguarda il modo di abbigliarsi di uomini e donne di diverse categorie sociali e di differenti luoghi, conta più per l’attenzione al fenomeno che per le singolarità individuate. L’influenza francese era destinata a durare a lungo: tra 1800 e 1900 la dipendenza italiana da Parigi era ancora forte e affrancarsi da essa iniziò a costituire un progetto politico e culturale dopo l’Unità di Italia, quando creare e diffondere una moda italiana divenne una forma di patriottismo. Quando veniva “fatto in Italia” ha avuto nel basso Medioevo e nel periodo rinascimentale un valore reale e simbolico. Dal punto di vista storico, si può sostenere che ha cominciato a delinearsi il fenomeno moda prima dell’effettivo ricorso a questa parola e cioè quando nelle città, e non più solo nelle corti, l’offerta di capi di abbigliamento si fece più ampia: a un numero crescente di uomini e donne è stato così possibile non solo desiderare ma anche vedere oggetti prodotti in città ma anche provenienti da altri luoghi, e si è avviata una rincorsa verso la proposta di sempre nuovi oggetti e fogge da parte di piccoli gruppi privilegiati successivamente imitati da altri con conseguente necessità di nuove ideazioni. Per parlare di moda è quindi necessario che ci sia un’ampia e variegata offerta di capi e accessori nuovi. A partire dal 1200 nelle città del basso Medioevo furono proprio gli artigiani assieme ai mercanti a dare una svolta nell’ambito di una rinnovata forma di partecipazione alla vita politica, alla produzione e al commercio, innovando stili di vita e modi di apparire. Le botteghe nelle quali si producevano tessuti sono state veri e propri laboratori della modernità oltre che del fenomeno di moda. Una prima proposta di datazione del fenomeno ci porta perciò al 1200 in Italia, dove nelle città le realtà comunali avevano determinato importanti modificazioni sociali e politiche: gli abiti femminili e quelli maschili iniziarono a differenziarsi e tra le principali finalità della moda vi era proprio quella si definire i confini di genere. Nel 1800 la leziosità e la ricercatezza divennero appannaggio quali esclusivo delle donne, il che comportò una sostanziale femminilizzazione della moda con conseguenti sottolineature delle differenze di genere. Una serie di eventi del 1900, come l’adozione dei pantaloni da parte delle donne e la diffusione del jeans, ha comportato un’inversione di tendenza. Il gioco delle apparenze caratteristico della moda prese in quell’epoca a uscire dagli ambienti delle corti e a coinvolgere quelli cittadini: un numero crescente di trabacche all’aperto e di botteghe iniziò a produrre oggetti che sarebbero diventati motivo di desiderio. Molte fonti testimoniano un diffuso interesse per l’abbigliamento nell’ultimo Medioevo, oltre che una sempre maggiore disponibilità di oggetti, una sempre più insistita critica da parte di moralisti e una vera e propria lotta dei legislatori nel tentativo di contrastare quella che ritenevano una degenerazione esibizionistica. Di moda si può già parlare tra 1200 e 1300 come senso di desiderio ed esibizione di oggetti concepiti e prodotti per indurre all’acquisto e per manifestare gusto, privilegio sociale e ricchezza di chi li possedeva e indossava.


 
 
 

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